Il 21 novembre si celebra la festa dell’albero
La Festa dell’albero, che si celebra ogni anno il 21 novembre, è un’occasione per riflettere sull’inalterato valore delle sue finalità istitutive, più attuali di un secolo fa, e rappresenta un’importante strumento per creare una sana coscienza ecologica nelle generazioni future che si troveranno ad affrontare problemi ed emergenze ambientali sempre nuovi e su scala globale
Gli alberi sono il simbolo di un millenario rapporto tra uomo e natura, fatto di rispetto e armonia. Rapporto che, nel corso dei secoli, è venuto meno. Dall’idea di foresta dei Celti, luogo elargitore di beni e conoscenza, all’idea medievale – riassumibile con il verso dantesco mi ritrovai in una selva oscura – di luogo ameno ma esterno alla vita di tutti i giorni, dove trascorrere il fine settimana.
Ma come un pendolo che arrivato al suo massimo estremo, torna indietro, anche l’uomo, soprattutto nell’ultimo secolo, comincia a compiere passi indietro, e a riavvicinarsi al mondo da cui proviene.
E così, date queste premesse, con il motto Il futuro non si brucia! torna anche quest’anno, il 21 novembre, la Festa dell’Albero che, sebbene trovi la sua origine a più di un secolo fa, mantiene inalterata la sua finalità, oggi sempre più attuale, nel creare una coscienza ambientalista nella società e nelle generazioni future.
Tale cerimonia rappresenta sovente l’unica occasione per molti cittadini e giovani studenti di compiere un’azione concreta per la difesa, l’incremento e la valorizzazione della funzione essenziale del patrimonio arboreo e boschivo nazionale.
Quest’anno sarà il contrasto agli incendi boschivi, come quelli accaduti recentemente in Piemonte (ma non solo), il filo conduttore sul quale s’intende porre l’attenzione.
Come stanno le foreste sul nostro pianeta
Nel mondo, in pochi anni, abbiamo perso una superficie di foreste incontaminate pari a tre volte quella dell’Italia. I boschi del pianeta, quindi, hanno senz’altro bisogno di aiuto. In soli tredici anni, tra il 2000 e il 2013, la superficie delle foreste mondiali, considerate ancora incontaminate, è diminuita del 7,2 per cento. Ciò significa una perdita pari a quasi un milione di chilometri quadrati: il triplo dell’estensione territoriale dell’Italia intera.
Basterebbe questo dato per comprendere in che modo le attività umane, l’incuria e la mancanza di coscienza ecologica stiano privando l’umanità di un autentico tesoro di biodiversità, nonché di un elemento fondamentale per la salvaguardia dell’equilibrio climatico globale. Più rosea la situazione a livello nazionale e regionale, invece, dove la superficie boschiva è in aumento. In Piemonte, dal 2000 a oggi, c’è stato un incremento di circa il 6,6%. Dai dati regionali si evince che sono quasi 1 miliardo gli alberi presenti nei nostri boschi, con ben 52 specie arboree e 40 specie arbustive e una grande variabilità di composizione e struttura, che riflette la complessità delle situazioni ambientali e gestionali.
Dalla nuova Carta Forestale risulta che la superficie forestale complessiva del Piemonte, al 2016, è di ben 976.953 ettari, tre quarti dei quali sono costituiti da castagneti (22%), faggete (15%), robinieti (12%), lariceti e cembrete (10%) e boscaglie pioniere e d’invasione (8%).
Il ruolo dell’albero
Anche nella visione antropocentrica, ormai imperante, l’uomo sta riconoscendo sempre più il valore inestimabile degli alberi. Tanto che, all’indomani dell’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, tornano nuovamente a essere riconosciuti come alleati strategici dell’uomo, indispensabili alla sua sopravvivenza sul pianeta Terra.
Fonti di risorse preziose, elementi fondamentali dell’ecosistema, gli alberi contribuiscono significativamente a contrastare l’inquinamento ambientale e i gas serra e a migliorare la qualità della nostra vita, anche nelle città. Gli esemplari presenti nel contesto urbano assorbono grandi quantità di particelle inquinanti, mitigando quindi, in parte, gli effetti dei cambiamenti climatici nelle cosiddette isole di calore.
Se lasciati crescere fino a raggiungere la loro maturità biologica, in territori fragili da un punto di vista idrogeologico, sono in grado di attenuare i pericoli di smottamenti e frane a dispetto di quanti oggi credono che l’abbandono di montagne e colline da parte dell’uomo, sia la causa dei tanti disastri geologici avvenuti in questi ultimi anni.
In contesti forestali assumono grande importanza per la conservazione della biodiversità: circa un quinto di tutti gli organismi che vivono in foresta sono legati al ciclo di senescenza degli alberi.
E, se in passato il continuo sfruttamento del bosco non permetteva agli alberi di invecchiare e gli esemplari morti venivano sistematicamente asportati in quanto si riteneva fossero serbatoi di parassiti, capaci di infestare quelli sani, le successive conoscenze scientifiche hanno smentito tali credenze e, oggi, si tende a fare esattamente l’inverso.
Boschi seminaturali, poco alterati dall’uomo come composizione e struttura (come molte faggete e altre formazioni del piano montano superiore o subalpino) in generale non hanno perso la loro efficienza nei decenni di abbandono da parte dell’uomo, anzi.
Al contrario nelle formazioni più lontane dall’equilibrio naturale e mantenute artificialmente, con intense cure colturali fino a 50-60 anni fa, l’abbandono ha causato situazioni di crisi pesante, a volte il collasso dei popolamenti su vaste superfici, con conseguenze negative importanti sotto l’aspetto della protezione del suolo e anche degli incendi boschivi (es. i cedui di castagno di tutta la fascia montana inferiore piemontese).
Sulla funzione di protezione dei boschi nello scorso decennio sono stati realizzati importanti studi, sperimentazioni e manuali anche in Piemonte. Complice lo spopolamento di molte aree alpine e soprattutto appenniniche, e grazie a nuove norme forestali, alcune porzioni di foreste tendono così ad assumere quei caratteri di naturalità tipiche delle foreste vetuste, ossia caratterizzate dall’assenza di interventi umani.
Le faggete patrimonio Unesco
In Italia ci sono esempi virtuosi persino premiati dall’Unesco. Anzi, sembra che il territorio italiano è quello che, dopo la Romania, presenta un maggior numero di siti dall’eccezionale valore universale.
Quelle riconosciute recentemente, a luglio del 2017, sono foreste vetuste di faggi, habitat per una straordinaria biodiversità, presenti in oltre 2000 ettari nelle zone del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, quella di Sasso Fratino (Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi), della Foresta Umbra (Parco Nazionale del Gargano), di Cozzo Ferriero (Parco Nazionale del Pollino), del Monte Cimino (Soriano nel Cimino) e di Monte Raschio (Parco Naturale Regionale di Bracciano-Martignano).
I vetusti italiani sono, fra l’altro, tra i più vecchi d’Europa: ci sono faggi che hanno quasi 600 anni e sono fra quelli più a sud di tutto il Vecchio Continente, oltre che fra i più alti, dato che svettano sino a 50 metri e contano una fortissima biodiversità arborea.
Il riconoscimento Unesco delle faggete rappresenta così per l’Italia la prima iscrizione di un patrimonio naturale espressamente per il suo valore ecologico di rilievo globale.
La conservazione nei Siti Natura 2000
Anche nei Siti Natura 2000 si sta preservando il ruolo ecologico degli alberi, con le nuove Misure di Conservazione per la tutela della Rete natura 2000 del Piemonte che obbligano, durante le pratiche selvicolturali, al rilascio di almeno quattro alberi per ettaro, sia per quelli da destinare ad invecchiamento, sia per la necromassa. Ad essi, quindi, sarà garantito il completo ciclo vitale fino alla morte, con conseguente decadimento totale del legno; potranno così diventare alberi habitat per varie specie durante la loro vita. Ciò per permettere la sopravvivenza di tutti quegli organismi saproxilici (cioè che si nutrono di legno) che hanno bisogno di buone quantità di legno morto e che sono molto esigenti in merito allo stadio di decadenza dello stesso.
Alcuni di essi, a causa della loro vulnerabilità e rischio di estinzione, sono particolarmente protetti dalla Comunità europea come gli insetti Osmoderma eremita, Cerambix cerdo, Rosalia alpina e il muschio Dicranum viride, solo per citarne alcuni.
Anche molte specie di picchi (in particolare il picchio nero) e di pipistrelli hanno bisogno di foreste mature con buona presenza di alberi centenari, ricchi di microhabitat indispensabili per loro sopravvivenza (cavità nel legno, cortecce sollevate, grandi biforcazioni tra i rami, raccolte di acque alla base dei tronchi, essudati linfatici ecc).
In taluni casi, misure sito-specifiche prevedono anche il rilascio, sempre a tempo indefinito, di isole di invecchiamento di foreste, le cosiddette isole di senescenza (in particolare faggete) al fine di ottenere, in futuro, porzioni di foreste naturali all’interno di boschi gestiti (un buon compromesso tra esigenze di sfruttamento forestale e conservazione naturalistica).
In rari casi, l’obbligatorietà di isole da non gestire è stata estesa a tutti gli habitat di interesse comunitario presenti nel sito per il 10% della loro estensione.
Tutto ciò nell’ottica di aumentare il numero e la superficie di foreste mature con un buon grado di naturalità, in quanto oggi, se si può dire che la superficie forestale nazionale è aumentata rispetto al periodo del primo dopoguerra, altrettanto non si può affermare per la qualità dei nostri boschi.
Come i parchi festeggiano la ‘Giornata dell’albero’
Sempre a proposito di alberi, per la festa dell’albero del 21 novembre, il Parco della Burcina, in provincia di Biella, organizza Un albero accogliente. Progetto integrazione Uomo e Natura, che avrà come protagonisti bambini e ragazzi delle scuole, nonché i rappresentanti di fedi religiose e associazioni laiche del territorio affinché la festa degli alberi, giorno di rispetto e coesione tra uomo e natura, diventi anche stimolo di un più grande discorso di uguaglianza e fratellanza tra gli uomini.
Nel Parco La Mandria segnaliamo due iniziative: il 2 dicembre 2017 Alla scoperta della foresta planiziale mentre il 17 dicembre si andrà alla scoperta degli alberi vetusti del parco con I Patriarchi de La Mandria.
Fonte piemonteparchi